Storia del corallo

È alquanto impossibile stabilire il momento preciso in cui l’uomo abbia scoperto il corallo, apprezzandone l’indiscussa bellezza. Quasi avvolta da un alone di mistero, la storia del corallo sembra iniziare quando l’uomo preistorico ha trovato quasi per caso qualche rametto sparso sulle spiagge, o impigliato tra le reti, conservandolo e dandogli sin da subito un valore apotropaico.

Alcuni reperti archeologici in Sardegna, Sicilia, Siria e in una tomba attribuita ai Sumeri mostrano come il corallo nel più lontano passato venisse ampiamente utilizzato per decori e ornamenti.

La storia del corallo inizia con i Greci

Senza dubbio i Greci conoscevano il corallo, ma lo utilizzavano molto per la farmacologia. Come ornamento le popolazioni elleniche preferivano le perle.  L’uso farmacologico e medicinale del corallo è proseguito in epoca romana.

La pesca era molto fiorente del Mediterraneo. Una popolazione che in quel periodo amava molto il corallo erano i Celti, che adornavano persino le briglie dei propri cavalli con questo pregiato materiale.

La pesca e la lavorazione del corallo erano abitudini molto consuete in tutto il Mediterraneo, anche nei paesi della costa del nord Africa,  e da lì veniva esportato ovunque nel mondo fino ad allora conosciuto.  Molto spesso infatti, il corallo veniva scambiato nei mercati di Palmira, Petra, Alessandria e Tiro.

Dioscuride, nel suo Materia Medica, nomina Pachino, in provincia di Siracusa, come luogo della pesca del corallo, ma è Plinio, nel suo Naturalis Historia che tra le varie zone di pesca, sottolinea come nello specchio di mare di fronte Napoli il corallo fosse di un colore più intenso e maggiormente ricco di fascino.

Bisognerà aspettare Marco Polo e i suoi racconti per scoprire come il corallo fosse utilizzato persino come moneta di scambio nei mercati orientali. Ma un ruolo fondamentale per la diffusione del corallo, lo hanno svolto i mongoli, che con la “Pax Mongolia” ne hanno favorito i suoi traffici, dimezzando di molto la durata del viaggio da occidente verso oriente, per raggiungere infine la Cina e scambiare così il corallo, con sete e altri materiali preziosi.

Uno dei ruoli fondamentali del corallo era quello di ornare oggetti religiosi, monili indossati dalle persone, ma anche pugnali e paramenti per i cavalli, - abitudine questa diffusa soprattutto tra i Mongoli -. Ogni cultura e religione interpretava a proprio modo l’impiego e i poteri del corallo, ma quasi tutte le popolazioni gli riconoscevano la capacità di allontanare il male e le malattie dai neonati, assicurare fertilità e protezione per le spose, trasmettere coraggio, forza e vigore, allontanando così lo spettro della morte dai guerrieri.

Nel Meridione d'Italia la pesca era molto proficua anche nel Medioevo, al punto che erano già presenti norme ben precise che regolavano l’attività. Il 25 Febbraio 1277 Carlo d’Angiò emanò le ordinanze Pro pescatoribus corallorum in vigore per le province di Napoli e Salerno, all’epoca conosciute come Terra di lavoro la prima, e Principato Citra la seconda.

Nel Quattrocento la pesca del corallo dava i suoi frutti migliori al largo dell’isola di Ponza e lungo le coste del Cilento e della Calabria, meta preferita per i pescatori di Praiano e Trapani.

Storia del corallo, storia di Napoli

Nello stesso periodo però, a Napoli si è recato in visita l’ambasciatore Raban Bar Sauma, turco nestoriano designato dal Khan dei Mongoli dell’Iran a guidare un’ambasceria in Europa in cerca di alleanze.   Il risultato della sua visita fu molto positivo, al punto che il padre francescano Giovanni di Montecorvino, originario della provincia di Salerno, venne nominato arcivescovo di Pechino.

Nonostante questo quadro positivo al commercio del corallo verso oriente, si verificarono due episodi sfavorevoli: prima la peste dal 1344 al 1348, poi la caduta dell’Impero mongolo, per chiudere in maniera definitiva i rapporti tra oriente ed occidente con la caduta dell’Impero Bizantino nel 1453.

Durante il XIV secolo le due città che ottenevano maggiori benefici economici dalla pesca del corallo furono Trapani e Genova. In particolare, i trapanesi a Barcellona producevano con il corallo arredi sacri e domestici. Incastonavano il corallo su forme in bronzo dorato e rame, e qualche volta in argento. Nel secolo successivo, l’attività  era contesa tra Barcellona, Genova, Napoli, Livorno, Trapani e Marsiglia. Bisognerà attendere il Settecento per vivere uno dei periodi di maggior richiesta del corallo. Proprio nel XVIII secolo c’era l’usanza di donare ai sultani musulmani dei rosari in corallo, fucili e pistole anch’essi decorati con l’oro rosso, unito ad argento e madreperla.

I pescatori torresi, attratti dai mari africani molto rigogliosi, negli anni Ottanta del secolo iniziarono a sfruttare i banchi corallini dell’isola di Galita, in Tunisia. Spingendosi poi più ad est, iniziarono a scontrarsi con i corsari turchi e barbareschi e con la Compagnie Royale d’Afrique che cercava di imporre il proprio monopolio sulla pesca del corallo. È per questo motivo che qualche anno più tardi, i torresi chiesero ai Borbone l’emanazione di norme che mettessero fine ai soprusi. Così nacque il Codice Corallino.

I torresi pescavano da agosto ad ottobre nelle acque tra la Corsica e la Sardegna, per poi tornarsene a casa, mentre i padroni si dedicavano alla vendita del pescato.  La pesca però era un’attività che, sebbene coinvolgesse molte famiglie di Torre del Greco, era poco redditizia e forte era l’esigenza di una riorganizzazione del settore, per questo  Giovan Battista Jannucci nominato nel 1763 Supremo magistrato di Commercio, stabilì nel suo trattato che la vendita e la lavorazione del corallo dovesse aver luogo nella capitale, invitando a Napoli qualche maestro da Trapani o da Livorno per portare di nuovo in auge la lavorazione del corallo. Nel 1790 venne approvata ad opera di Acton la fondazione della Real Compagnia del Corallo con lo scopo di gestire ed organizzare un programma di vendita del corallo pescato dalle genti di Torre del Greco. La compagnia non ebbe successo nell’immediato, ma di lì a poco Torre del Greco avrebbe scoperto il suo amore per il corallo e i cammei, passione destinata a durare nei secoli.  Lo raccontiamo qui.