Il corallo con tutto il suo fascino e la bellezza che lo lega alla tradizione richiede molta cura, e, prima di essere trasformato in manufatti curati ed eleganti, sono necessarie molte fasi nel suo processo di lavorazione.
Tutto incomincia con la scelta e il lavaggio del corallo grezzo, che dopo essere stato pescato, viene lavato e diviso per colore, forma e dimensione. È solo in seguito che ne potrà essere stabilito il suo utilizzo.
È a questo punto che il corallo grezzo viene immerso nell’acqua, mescolata ad altri componenti, e inserito nei buratti, che, ruotando, fanno cadere la veste, ovvero la parte più recente ed esterna del ramo, che non ha avuto il tempo di calcificarsi.
Il corallo grezzo, come abbiamo detto, viene distinto a seconda della struttura e delle dimensioni. I rametti più sottili sono chiamati terraglio, mentre quelli più grandi sono detti terraglione. La parte del ramo di corallo più robusta viene detta mostra, mentre i rami dritti e senza ramificazioni costituiscono la paccottiglia. In base alle dimensioni si distinguono il barbaresco, ovvero i rami di 4 o 5 millimetri, e il corpo, che invece, ha un diametro di molto maggiore.
Dopo il lavaggio, segue il momento del taglio, la fase assolutamente più delicata e anche molto complessa. Proprio per questo, in questa fase sono chiamati a lavorare i lavoratori più esperti. Un pezzo di corallo ben tagliato assicura la buona riuscita del materiale che poi potrà essere inciso dai maestri corallari. Una volta il corallo veniva tagliato su un banco di legno, oggi invece viene prima inciso con una lima di acciaio a triangolo, poi con una spada a sega, per essere infine reciso con una grossa tenaglia.
A questo punto il corallo tagliato e selezionato viene crivellato, con crivelli in ottone con fori sempre più grandi, per ottenere partite di misure diverse. Questa fase è detta crivellatura, seguita dalla foratura.
Il corallo destinato a diventare pallina per le collane viene quindi, forato con uno strumento antico, il fuso: un archetto di legno, dove viene teso un filo di spago, al quale viene agganciato un ago molto sottile e affilato. Il fuso viene fatto ruotare molto velocemente, per bucare la pallina da parte a parte. Il calore, generato da questa vorticosa incisione, viene mitigato dall’acqua corrente. La foratura può essere a mezzobuco, o a passatoio; in questo caso il foro passa da parte a parte.
È a questo punto che il corallo viene infilato con un filo di ferro molto teso e viene sgrossato su una mola di pietra arenaria. Questa è la fase della spianatura.
La rociatura è il momento in cui il corallo diventa un vero e proprio pallino. Il corallo viene consumato dalle scanalature di misura differente di una ruota smeriglio fino a raggiungere la forma desiderata.
Durante le fasi precedenti, il corallo potrebbe perdere un po’ della sua colorazione naturale, è per questo che è importante la fase della depurazione del colore naturale, immergendo il pallino nell’acqua ossigenata.
Dopo tutto ciò, si passa alla lucidatura. Inizialmente il corallo, dopo essere stato sottoposto a tutte le fasi di levigazione, si presenta opaco e con qualche imperfezione superficiale dovuta alla lavorazione. Nei tempi addietro, durante questa fase il corallo veniva inserito in un piccolo sacchetto di iuta con frammenti di corallo grezzo, pomici e pulimento, una sostanza la cui ricetta veniva custodita segretamente – si tratta in realtà di un composto di polvere di pomice e corno di cervo calcinato – . Il lato aperto del sacchetto veniva cucito, ottenendo così la puppatella, un piccolo cuscinetto che doveva essere sfregato per sei o otto ore da un operaio su una tavola di legno a forma di trapezio costantemente alimentata dall’acqua. Oggi invece, la lucidatura avviene con molta più comodità, inserendo il corallo da lucidare nei buratti.
Siamo così giunti alla fase finale, un momento di nuovo molto delicato, di cui solitamente se ne occupa la maestra infilatrice, stiamo parlando della fase di assortimento o infilatura. Il corallo viene prima selezionato in base alle sfere, al colore e alla qualità, per essere in seguito infilato secondo la richiesta del mercato.
È solo dopo tutte queste fasi, seguite con molta cura dai vari operai e maestri artigiani, che il corallo può quindi essere impiegato per la creazione di gioielli, che da sempre incantano lo sguardo di chi li indossa.
La prima fase riguarda la cernita del ramo di corallo. Il maestro artigiano deve scegliere il pezzo di corallo che meglio si adatta all'opera che ha in mente di realizzare. In questa fase è importante che ci sia molta concentrazione, perchè un minimo sbaglio di valutazione potrebbe compormettere la qualità e la bellezza del lavoro finito. Un piccolo ramo è già un'opera d'arte nella mente del maestro artigiano. Come un blocco di marmo nelle mani di uno scultore, il ramo di corallo in mano all'artigiano è un'opera d'arte in fieri. Questa fase viene compiuta sempre da persone con una lunga esperienza nell'intaglio.
Dopo di ciò arriva il momento dell'aggarbatura, ovvero la fase in cui l'artigiano, utilizzando la ruota smeriglio, come nella fase della rociatura, di cui abbiamo parlato prima, dona forma al pezzo di corallo, sul quale ha scelto di lavorare. Dopo il lungo processo di sagomatura, il corallaro può finalmente iniziare con l'incisione. Questa è senza dubbio la fase più importante: è il momento in cui nasce l'opera d'arte.
L'incisione è quasi tutta completamente eseguita a mano, con l'utilizzo di bulini di varie misure, o al massimo, vengono impiegati dei motorini. Una volta terminato l'intaglio, il gioiello ha bisogno di ritrovare la propria lucentezza; si arriva quindi alla fase della lucidatura, in cui il semilavorato ritroverà tutto il suo splendore grazie a spazzole particolari, in grado di lucidare il pezzo, senza però aggredirne la superficie.